venerdì 6 aprile 2018

LA FUGA di R. M. Rilke -racconto







1896-1897

LA FUGA



La chiesa era deserta.
Sopra l'altar maggiore un raggio del sole al tramonto irrompeva nella navata centrale, traverso la vetrata policroma, ampio e schietto come lo raffiguravano i vecchi maestri nell'Annunciazione, ravvivando gli sbiaditi colori del tappeto sui gradini. Poi il pulpito, con le sue colonne barocche di legno scolpito, tagliò lo spazio; al di là di esso, il buio si fece sempre più fitto, e le piccole lampade eterne presero a brillare con sempre maggior comprensione dinanzi ai santi scuriti.

Dietro l'ultima, massiccia colonna di arenaria, era buio completo. Qui sedevano i due, e sopra il loro capo era un' antica stazione della Via Crucis. La pallida fanciulla, nella sua giacca gialla, era raggomitolata contro l'angolo più buio del nero e pesante banco di quercia. La rosa che le ornava il cappello solleticava il mento dell'angelo di legno scolpito sullo schienale, e l'angelo sembrava sorriderne. Fritz, lo studente liceale, teneva tra le sue le mani della fanciulla coperte da guanti bucati - così come si tiene un uccellino, con dolcezza e con fermezza. Egli era felice, e sognava: «Ora chiuderanno la chiesa senza accorgersi di noi, così rimarremo soli. La notte, qui, ci sono certo gli spiriti».
Si strinsero con forza uno all'altro e Anna sussurrò, inquieta:
«Non è già tardi?»
Allora ebbero entrambi un unico, triste, pensiero: lei ricordò il posto accanto alla finestra, dove cuciva tutto il giorno, e donde non si vedeva che un brutto e nero muro spartifuoco, mai sole. Lui pensava al suo tavolo, pieno di quaderni di latino, su cui era aperto il Simposio di Platone. I due giovani guardavano dinanzi a sé, e i loro sguardi seguirono la stessa mosca che errava tra gli intagli e le rune del banco.
Si guardarono negli occhi.
Anna sospirò.
Con un gesto tenero e confortante, Fritz la cinse con un braccio, dicendo:
«Se potessimo andarcene!»
Anna lo guardò, e vide il desiderio brillare nei suoi occhi. Essa abbassò le palpebre, arrossì e udì:
«Li detesto, li detesto con tutte le mie forze. Il modo, per esempio, con cui mi guardano quando ritorno dai nostri appuntamenti! Sono diffidenti e maligni. Non sono più un ragazzo, io. Oggi o domani, quando potrò fare da solo, ce ne andremo via insieme, lontano di qui. In barba a loro!»
«Mi vuoi bene?» La pallida fanciulla tese l'orecchio.
«Indicibilmente.» E Fritz la baciò, cogliendo così la domanda sulle labbra della fanciulla.
«E mi porterai via con te presto?», chiese la fanciulla esitando. Lo studente tacque. Egli alzò senza volere lo sguardo, seguì l'estremità della massiccia colonna, e lesse sopra la vecchia stazione della Via Crucis: «Padre, perdona loro...»
Allora chiese, irritato:
«Sospettano qualche cosa in casa tua?»
E, stringendo da presso la fanciulla:
«Rispondi».
Essa annuì con un leggero segno.
«È così», egli disse eccitato. «Si capisce, lo sapevo. Quelle pettegole! Se soltanto...» E si prese la testa tra le mani.
Anna si appoggiò alla sua spalla. Disse semplicemente:
«Non essere triste».
E rimasero così.
A un tratto il giovane si alzò, e disse:
«Vieni via con me!»
Anna costrinse un sorriso ad apparire nei begli occhi pieni di lacrime. Scosse la testa, e parve priva di ogni coraggio. Lo studente prese di nuovo come prima le sue minuscole mani, coperte da brutti guanti. Guardò verso la navata centrale. Il sole era spento, e le vetrate variopinte erano ridotte a brutte e opache macchie. Tutto taceva.
Poi, all'estremità della navata, si udì un pigolio. Entrambi alzarono gli occhi, e videro una rondinella smarrita, che cercava l'uscita con un volo stanco e folle.

Lungo la strada, lo studente si rammentò di un compito di latino rimasto indietro. Decise di lavorare ancora nonostante l'avversione e la stanchezza. Ma senza volere fece un grande giro, finendo quasi con lo smarrirsi nella città che conosceva tanto bene. Era notte, quando rientrò nella sua stanza angusta. Sopra i quaderni di latino, trovò una letterina, che lesse alla luce tremolante di una candela:

«Sanno tutto. Ti scrivo piangendo. Babbo m'ha picchiata. È terribile. Ora non mi lasceranno più uscire sola. Tu hai ragione, andiamocene. In America o dove vorrai. Domattina alle sei sarò alla stazione. C'è un treno che babbo prende sempre per andare a caccia. Non so dove porti. Finisco qui, perché viene qualcuno. Allora aspettami. È deciso, domattina alle sei. Fino alla morte, tua:
Anna.»

«Non era nessuno. Dove andremo? Hai denaro? Io possiedo otto talleri. Questa lettera passerà dalla nostra donna alla vostra. Ora non ho più paura.
«Credo sia stata tua zia Marie a chiacchierare.
«Ci aveva dunque visti, nonostante tutto, domenica.»

Lo studente prese a camminare per la stanza a passi lunghi e energici. Si sentiva come liberato. Il suo cuore batteva con violenza. A un tratto sentì: «Essere un uomo! Essa ha fiducia in me. Io posso proteggerla». Si sentiva felice, e sapeva: «Mi apparterrà interamente». Il sangue gli sali alla testa e dovette sedere, poi si chiese:
«Dove?»
Cotesta domanda non voleva cessare. Fritz cercò di sopraffarla, balzando in piedi e accingendosi ai preparativi per la partenza. Mise insieme un po' di biancheria, qualche abito, e chiuse i risparmi nel nero portafoglio. Era pieno di ardore, aprì per nulla tutti i cassetti, tolse oggetti per poi ricollocarli dove erano, gettò i quaderni in un angolo, e dimostrò alle sue quattro pareti con aria di vanto: «Oggi si cambia, punto e da capo».
Mezzanotte era già trascorsa, ed egli sedeva ancora sulla sponda del letto. Non pensava a dormire. Si sdraiò vestito, solo
perché, certo per essere stato molto curvo, aveva male alla schiena. Si chiese ancora diverse volte: dove? E disse forte:
«Quando ci si vuole veramente bene...»
La pendola faceva udire il suo ticchettio. Giù in basso passò una carrozza, e i vetri ne tremarono. La pendola, che era ancora stanca dei dodici colpi, trasse un sospiro e disse a fatica:
«Uno». Di più non poteva.
Fritz l'udì ancora come da assai lontano, e pensò:
«Quando ci si vuol... veramente...»
Ma alle prime luci dell'alba si appoggiò rabbrividendo contro il cuscino, e seppe con certezza: "Non voglio più bene a Anna". Sentiva la testa pesante. Era serio, tutto questo? Per un paio di ceffoni partire così, su due piedi. E verso dove, poi? Egli rifletté, come se la fanciulla glielo avesse confidato. Dove voleva andare? Da qualunque parte, non importa. Egli si adirò: "E io? Io, naturalmente, debbo piantare ogni cosa, i miei genitori e... tutto. E poi, in seguito, il futuro? Dovrei veramente picchiarla, se fosse capace di questo".
Se fosse capace di questo? Quando il primo raggio dei sole di maggio, così limpido e luminoso, penetrò nella stanza, egli sperò: "Non può avere pensato seriamente alla cosa". Si sentì tranquillizzare un poco, invadere dal desiderio di rimanere in letto. Ma si disse: "Voglio andare alla stazione per constatare che Anna non viene". E cercò di immaginare la gioia che avrebbe provato nell'accertarsi che non c'era.
Rabbrividendo nel fresco mattino, con una grande stanchezza nelle ginocchia, si recò alla stazione. La sala d'aspetto era deserta. Con l'animo dibattuto tra timore e speranza, si guardò intorno. Nessuna giacca gialla. Fritz trasse un sospiro. Percorse tutte le sale e i corridoi. Viaggiatori assonnati e indifferenti andavano e venivano, facchini indugiavano accanto ad alte colonne, gente del basso popolo sedeva cupa, appoggiata a fagotti e a valigie, su banchi polverosi nelle nicchie delle finestre. Nessuna giacca gialla. Il guardiasala gridò alcuni nomi di città, agitando una campanella dal suono acuto. Poi ripeté con voce nasale i medesimi nomi più vicino, e ancora una volta sulle banchine, sempre agitando l'odiosa campana. Fritz ritornò indietro e, le mani cacciate nelle tasche, raggiunse la sala centrale della stazione. . Era molto soddisfatto e, dandosi arie da vincitore, pensava: "Nessuna giacca gialla, lo sapevo".
Ormai addirittura spavaldo, si accostò a una colonna. Voleva studiare l'orario, per sapere dove portava quel fatale treno delle sei. Lesse meccanicamente i nomi delle stazioni, con l'espressione di chi osserva una scala dalla quale poco era mancato non cadesse. A un tratto, sul selciato risuonarono dei passi affrettati. Quando Fritz ebbe alzato gli occhi, fece appena in tempo a vedere la piccola figura con la giacca gialla e il cappello ornato di una rosa sulla porta dello scalone.
Fritz la segui con lo sguardo.
Poi ebbe terrore di quella debole, pallida fanciulla, che voleva giocare con la vita. E, quasi temesse di vederla ritornare indietro, - che lo trovasse e costringesse a partire per il mondo sconosciuto, si riprese e corse via, quanto più rapidamente poté, senza guardarsi intorno, verso la città.

Nessun commento:

Posta un commento